Il Blog dell'Ordine degli Avvocati di Messina

Sugli attacchi all’avvocatura turca

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I progressivi attacchi all’Avvocatura turca, nell’ultimo anno, hanno provocato crescente attenzione e preoccupazione da parte dell’Avvocatura Internazionale.

Com’è noto, gli eventi in Turchia, in Europa e nel mondo, hanno subito una esponenziale accelerazione, che ha provocato (anche) la compromissione del diritto alla difesa e la persecuzione degli avvocati in Turchia (v. relazione degli avv. Sergio Palombarini e Barbara Spinelli del 24 luglio 2016, Il collasso della democrazia in Turchia e la persecuzione (anche) degli Avvocati Turchi).
L’assenza di separazione tra il potere governativo e giudiziario in Turchia ha sempre costituito un grave vulnus all’indipendenza della Magistratura e al rispetto dei principi del giusto processo e del diritto alla difesa. La possibilità di un giusto processo è compromessa ab origine: pubblici ministeri e magistrati della Corte vivono negli stessi edifici assegnati dal Governo, condividono le stesse aule, entrano dalla medesima Camera di Consiglio e siedono in uno scranno in posizione sopraelevata rispetto agli avvocati.
L’utilizzo politico del sistema giudiziario ha reso possibile, specialmente dopo la grande manifestazione popolare di Gezi Park, una serie di indagini che hanno colpito avvocati ed attivisti per i diritti umani, per il solo fatto di avere esercitato le funzioni difensive, assimilando il loro ruolo a quello dei propri assistiti, specie quando accusati di reati politici o di terrorismo.
Due sono i processi principali incardinati in questo periodo, e ancora oggi pendenti, ai quali fin dall’inizio gli avvocati di tutta Europa hanno partecipato in qualità di osservatori internazionali: il processo cd. KCK e il processo cd. ÇHD.
Entrambi sono originati da indagini operate da polizia giudiziaria e pubblici ministeri attualmente indagati e detenuti per avere confezionato prove false in altri processi.
Il processo KCK, in particolare, è iniziato nel novembre 2011, facendo seguito a operazioni di polizia che hanno portato in tutta la Turchia all’arresto, nel 2009, di oltre ottomila giornalisti, sindacalisti, politici, deputati, sindaci e consiglieri comunali, accusati di fare parte dell’organismo politico di unione dei soggetti politici curdi (KCK), qualificato come soggetto terroristico affiliato al PKK.
Tutti coloro che erano stati avvocati di Ocalan o suoi correnti legali sono stati arrestati, con l’accusa di avere agito da “mediatori” tra il leader curdo, detenuto in isolamento nel carcere sull’isola di Imrali, e le associazioni parte del KCK.
A questo proposito, preme sottolineare che i colloqui difensivi in carcere erano sempre videoregistrati e avvenivano rigorosamente in presenza di personale di polizia penitenziaria, ciò nonostante i difensori sono accusati di essere membri di una organizzazione terroristica.
Nell’udienza del 28 giugno 2016, i difensori hanno chiesto l’acquisizione degli atti relativi ai procedimenti che vedono imputati i pubblici ministeri e il giudice che ha deciso sull’ammissione delle prove, per avere costruito e ammesso prove false in oltre 240 altri procedimenti, e di attendere la pronuncia della Corte Costituzionale circa la legittimità della prosecuzione del processo davanti a una Corte differente. La Corte ha accolto entrambe le istanze della difesa, rinviando l’udienza alla data del 14 novembre 2016.
Una delegazione di nove avvocate ed avvocati italiani si è unita al gruppo di Osservatori Internazionali che monitora in Turchia il processo nei confronti degli avvocati di Ocalan.
Un rappresentante delle Commissioni Diritti Umani e Relazioni Internazionali del C.N.F., un rappresentante delle Camere Penali, rappresentanti degli Ordini di Bologna, Messina, Padova, Palermo e delle associazioni Giuristi Democratici e Legal Team hanno partecipato all’udienza che si è tenuta a Istanbul davanti alla 19ma sezione del Tribunale penale di Çaglayan, il più grande d’Europa.
Al processo presenti anche osservatori francesi, inglesi, tedeschi, svizzeri, olandesi.
Successivamente, in veste di Osservatori Internazionali, per conto dei Giuristi Democratici, hanno partecipato alle udienze avvocati italiani, francesi, olandesi e svizzeri, autorizzati, ciascuno, dal Consiglio dell’Ordine del proprio Foro.
In rappresentanza (anche) dell’Avvocatura messinese, oltre che quale componente dei Giuristi Democratici, alla udienza del 14 novembre u.s., ha partecipato l’avvocato Carmelo Picciotto, in qualità di osservatore internazionale, che ci ha raccontato l’esperienza vissuta ad Istanbul e descritto le sue impressioni sulla triste vicenda giudiziaria che investe l’avvocatura turca.
L’avvocato Picciotto ha sottolineato gli umori che hanno preceduto l’udienza in parola, caratterizzati da grande tensione e turbamento degli avvocati, poiché, poche ore prima, alle 5:00 di mattina, è stato arrestato nella sua abitazione l’avvocato Levent Pişkin, membro dell’esecutivo della associazione Öhd ed attivista LGBTQIA.
Dalla stampa pro-governativa è emerso che Levent Piskin è stato arrestato perché, dopo aver visitato in carcere, in qualità di avvocato, il leader del partito di opposizione HDP Demirtas, ristretto da una settimana, avrebbe ricevuto un suo scritto destinato a un giornale tedesco, aiutandolo così nella propaganda antigovernativa (e quindi terroristica secondo l’accusa) internazionale.
Nella vigenza della legislazione d’emergenza, al difensore arrestato è stato precluso di incontrare il proprio legale per i successivi 5 giorni.
In conseguenza delle rimozioni di magistrati successive al colpo di Stato, l’udienza dello scorso 14 novembre si è celebrata davanti ad un nuovo Collegio e con un nuovo pubblico ministero.
Uno degli avvocati imputati, Erol Özgür, ha dichiarato, nella sua difesa, che si tratta, con tutta evidenza, di un processo politico, anche in ragione della condanna che ha investito il pubblico ministero inquirente e gli ufficiali della polizia giudiziaria.
Nella medesima udienza, l’avvocato imputato ha spiegato con precisione le severe procedure imposte agli avvocati per accedere all’Isola di Imrali e visitare il proprio assistito Ocalan, che, per la stretta supervisione prevista anche in sede di colloquio, rendevano impossibile il verificarsi di qualsiasi comunicazione non osservata in via diretta dalle autorità. Sulla base di queste argomentazioni, l’avvocato ha concluso chiedendo l’acquisizione degli atti relativi ai procedimenti nei confronti della polizia giudiziaria, del pubblico ministero e del magistrato, ed il rinvio dell’udienza per poter preparare la difesa sulla base di questi nuovi elementi.
Il nuovo pubblico ministero ha prestato il consenso alle richieste degli avvocati e la Corte ha rinviato l’udienza al 9 marzo 2017.
La presenza degli Osservatori Internazionali, che erano in aula in toga, ha certamente contribuito a sollecitare un esame obiettivo del caso da parte della nuova Corte, in un contesto dove ogni giorno nuovi avvocati vengono detenuti e nuove restrizioni al diritto della difesa vengono imposte mediante decreti governativi.
A questo proposito, l’avvocato Picciotto ha evidenziato la gratitudine che l’Avvocatura turca ha manifestato per la presenza attenta e compatta degli Osservatori Internazionali.
L’avvocato Carmelo Picciotto, del nostro foro di Messina, che ringraziamo fin d’ora, non soltanto per la pazienza con cui ci ha descritto i passaggi fondamentali del processo che vede imputati gli avvocati di Ocalan, ma anche per avere portato sui luoghi la rappresentanza della nostra Avvocatura, ci ha anche raccontato una Istanbul bella e “contradditoria”: una città vivace, (apparentemente) serena, caratterizzata dalla presenza di tantissimi giovani, dove talvolta le donne indossano il burka integrale (anche se più spesso sono liberamente vestite all’occidentale), in cui, però, la libertà personale e i diritti fondamentali sono ancora lontani dal potere essere esercitati dai cittadini, anche nelle forme fondamentali.
In altre parole, in questo momento, in cui i curdi, uomini e donne, sono in prima linea nella battaglia contro l’Isis, affinché, nel futuro tavolo di pace, possa finalmente essere presa in considerazione la legittimazione delle proprie secolari richieste autonomistiche, l’atteggiamento della repressione turca verso i curdi tende, non solo a delegittimare, ma addirittura a denegare le loro ragionevoli aspirazioni.
In realtà, a rendere lo scenario ancora più inquietante è l’assenza di segnali che facciano sperare in una inversione di tendenza, nel segno della libertà e della affermazione dei diritti fondamentali.
Anche per questa ragione, sentiamo di dovere esprimere profonda solidarietà ai colleghi turchi, di cui ci impegniamo a seguire le vicende con appassionato spirito di solidarietà e seria partecipazione.

Simona-Raffaele
Simona Raffaele

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