Lo sapevate che la Sicilia è la regione d’Italia più ricca di olio di qualità? Che l’olio siciliano è quello che contiene la più elevata quantità di squalene (preziosissima sostanza antiossidante)? Che l’olio tunisino è privo di selenio – utile per la prevenzione di molte malattie tra le quali cancro, disfunzioni cardiocircolatorie, arteriosclerosi, cirrosi, artrite ed enfisema mentre l’olio siciliano ne è ricco?
Sono questi alcuni dei dati emersi nel corso dell’interessante incontro sul Made in Italy, organizzato dall’Ordine degli avvocati di Messina nell’ambito del piano dell’offerta formativa del 2018.
Ospiti d’onore dell’incontro – introdotto dal delegato alla formazione Giovanni Villari, dopo il benvenuto del presidente dell’Ordine, Vincenzo Ciraolo e moderato dal consigliere Isabella Barone – Alfonso Pecoraro Scanio, già Ministro delle Politiche Agricole (Governo Amato nel 2000/2001), Ministro dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare (Governo Prodi II dal 2006 al 2008) e Presidente della Fondazione Univerde #stopfakefood e il prof. Giacomo Dugo, Direttore dell’Istituto Alimenti dell’Università di Messina e componente del Comitato Nazionale per la Sicurezza Alimentare (CNSA).
“Il Made in Italy è un brand – ha esordito Pecoraro Scanio – Questo è il motivo per cui siamo così imitati in ogni campo, compreso quello agro alimentare. Il danno prodotto dalla contraffazione alla nostra economia è altissimo e, nel caso della contraffazione alimentare, anche pericoloso per la salute”. Lo sa bene colui che nel 2000, da Ministro alle politiche agricole, istituì la commissione contro l’AGROPIRATERIA, coniando di fatto un termine che poi sarebbe stato, a distanza di qualche anno, “ratificato” dalla Treccani.
Proteggere i prodotti italiani si può, attraverso una legislazione che sia più efficace di quella attuale e, soprattutto, attraverso una cultura che porti ad essere più attenti e consapevoli.
Occorre imparare a leggere le etichette che raccontano la storia del prodotto e non farsi ingannare dal cosiddetto “Italian sounding” ovvero il nuovo trend attraverso il quale, aziende non italiane sfruttano il nome di prodotti del nostro Paese illudendo i consumatori poco attenti della italianità dei prodotti che di italiano, appunto, hanno solo il nome.
“Il danno prodotto da questo fenomeno – ha evidenziato Giovanni Villari – è stimato per i nostri produttori tra i 20 e i 60 miliardi di euro”. Soldi che potrebbero essere invece incassati dai nostri produttori contribuendo al rilancio di una economia che potrebbe ripartire proprio dalla valorizzazione del settore agroalimentare, soprattutto in alcune regioni d’Italia. Tra queste sicuramente la Sicilia.
Ne è convinto il prof. Giacomo Dugo che da sempre e con competenza scientifica promuove la ricchezza degli alimenti siciliani.
“Noi siamo l’unico paese al mondo – ha evidenziato – in cui mangiare non significa alimentarsi ma godersi la vita. Siamo il Paese della qualità. I prodotti coltivati nel nostro Paese e, in speciale modo quelli siciliani, hanno proprietà sconosciute altrove. Le nostre Arance rosse di Sicilia sono inimitabili in quanto non potrebbero essere coltivate in nessun altro luogo al mondo. Questa è la nostra forza. Per questo dalla terra bisognerebbe ripartire”. Quella terra che, come sapientemente illustrato dal professore, ci regala ricchezze come il pistacchio di Bronte e le Arance rosse di Sicilia, il cappero di Pantelleria e il Limone Interdonato, le noci di Motta Camastra e il Ficodindia dell’Etna. La terra dove vengono prodotti il Ragusano, il Pecorino Siciliano, la Vastedda della Valle del Belice e, inoltre, l’olio extravergine più ricco di squalene e selenio al mondo.
Occorrerebbe ricordare ciò che mangiamo e ricordarci, ogni giorno durante i nostri acquisti, che anche noi possiamo dare il nostro prezioso contributo con le nostre scelte e i nostri acquisti a un rilancio della economia ma anche al miglioramento della nostra salute e del nostro benessere.
Loredana Bruno