“Processo penale e prova scientifica. Dalle indagini al dibattimento”. Come è cambiato il processo grazie all’evoluzione tecnologica. Giudici e Ris a confronto ieri in Corte d’appello nel corso di un incontro targato Aiga.
Come è cambiato il modo di svolgere le indagini grazie all’accesso alle nuove tecnologie e come è cambiato il processo a seguito della possibilità di introdurre la cosiddetta “prova scientifica?” Di questo si è discusso ieri, in Corte d’appello a Messina, nel corso di un interessante incontro organizzato dall’Associazione Italiana Giovani Avvocati, sezioni di Messina e Barcellona. A confrontarsi sul tema, moderati dall’avvocato Massimo Rizzo, consigliere dell’Ordine di Messina, due autorevoli relatori chiamati, da prospettive diverse, a fare i conti con il progresso tecnologico e con gli effetti che questo ha prodotto sul vecchio modo di affrontare i processi: il procuratore capo del tribunale di Barcellona, dott Emanuele Crescenti e il capo del RIS di Messina, il tenente colonnello Sergio Schiavone.
“L’evoluzione tecnologica- ha evidenziato Schiavone, che da settembre prossimo sarà alla guida del Ris di Roma- ci ha dato degli strumenti straordinari che consentono oggi alle squadre di lavorare e di raccogliere tracce utili alla individuazione dei responsabili dei reati anche dopo molti anni dalla commissione degli stessi. È un processo in costante evoluzione basti pensare che se oggi con il luminor siamo in grado di individuare sulla scena del delitto minime tracce ematiche anche a distanza di decenni, sta per arrivare un nuovo agente, il blu star, che ci consentirà di avere un riscontro ancora più preciso e in soli 20 secondi”.
Impronte digitali, tracce ematiche o biologiche, particelle di tessuti, vernici, materiali di ogni genere. Ogni indizio viene recuperato, analizzato, confrontato, studiato, comparato dai RIS che danno un contributo straordinario alla risoluzione dei casi giudiziari.
I dati raccolti confluiscono nelle banche dati. Quella custodita a cura del Ministero della giustizia all’interno del carcere di Re Bibbia a Roma, con circa 12milioni di impronte digitali raccolte, rappresenta un insostituibile strumento di velocizzazione della risoluzione dei casi.
Ma attenzione perché, nonostante l’importanza della prova scientifica, l’introduzione della stessa all’interno del processo, non deve mai distogliere il giudice dal ruolo che è chiamato ad assolvere.
“Le nuove tecnologie- ha evidenziato Il procuratore Crescenti- hanno stravolto il modo di lavorare di coloro che ruotano attorno al mondo della giustizia, totalmente modificato il modo di svolgimento delle indagini e, al contempo, dato la possibilità di introdurre nuove prove nel processo che devono essere opportunamente valutate.
Per questo- avverte Crescenti- occorre un livello di specializzazione e di competenza nuovo e soprattutto metterci in guardia dai rischi legati all’introduzione della prova scientifica nel processo.
Nella impostazione dei quesiti i giudici non possono, come a volte fanno, delegare di fatto la decisione del processo ai periti e, allo stesso modo, i periti chiamati a esprimersi non possono e non devono citare sentenze della Cassazione prima di esprimersi sul caso a loro sottoposto.
Di certo- ha concluso- le nuove tecnologie rappresentano un patrimonio inestimabile come ci è stato dimostrato dai casi che hanno tenuto banco nella cronaca di questi anni, da quello di Meredith a quello di Yara Gambirasio o di Chiara Poggi ma non possiamo negare che chi poi quei dati è chiamato a utilizzarli nel processo deve essere adeguatamente formato e su questo fronte esiste un gap che va colmato già a partire dall’università. Perché il rischio di distorsioni del sistema è altissimo e da questo dobbiamo metterci al riparo tenendo distinti ruoli e compiti”.
Loredana Bruno