I cittadini italiani, per la terza volta, nella storia della Repubblica, sono chiamati ad esprimersi in un referendum costituzionale che, per i quesiti proposti, delinea un cambiamento ai fini della governabilità, riduzione dei costi di funzionamento delle istituzioni e snellimento dell’iter legislativo, attraverso il superamento del bicameralismo paritario.
La riforma costituzionale è contenuta nel Disegno di Legge Boschi, un testo preparato dal Ministero per le Riforme Costituzionali e approvato, definitivamente, dal Parlamento il 12 aprile 2016.
La legge si compone di 41 articoli che modificano cinque dei sei “Titoli” in cui è divisa la seconda parte della Costituzione italiana. Le modifiche apportano sostanziali variazioni nel funzionamento dello Stato e ineriscono molteplici materie, per questa ragione, sarebbe più corretto parlare di “riforme costituzionali”.
Con la revisione costituzionale, la Camera dei Deputati diventa l’unico organo eletto dai cittadini a suffragio universale diretto, oltre che l’unica assemblea che approva le leggi ordinarie e di bilancio e accorda la fiducia al Governo.
Su questa linea, il Senato si trasforma in un organo rappresentativo delle regioni (c.d. “Senato delle regioni”),composto da soli 100 Senatori (al momento sono 315), che saranno scelti dai Consigli Regionali con metodo proporzionale, in particolare: 21 Sindaci e 74 Consiglieri Regionali. A questi dovranno essere aggiunti 5 Senatori nominati direttamente dal Presidente della Repubblica, con un mandato di sette anni.
La figura del Senatore a vita sarà riservata esclusivamente agli ex Presidenti della Repubblica.
Inoltre, per i Senatori, si prevede il solo stipendio che attiene alla carica di Amministratori Locali (Sindaci e Presidenti di Regione).
In forza della riforma, poi, il Senato potrà esprimere pareri su progetti di legge approvati dalla Camera e proporne modifiche; le valutazioni del Senato saranno a carattere consultivo, vale a dire non vincolante per la Camera. Il Senato manterrà la sua “competenza legislativa”, cioè la possibilità di approvare, abrogare o modificare leggi, soltanto in un numero limitato di ambiti: riforme costituzionali, disposizioni sulla tutela delle minoranze linguistiche, referendum, enti locali e politiche europee.
Infine, i Senatori parteciperanno all’elezione del Presidente della Repubblica, dei Giudici del Consiglio Superiore della Magistratura e dei Giudici della Corte Costituzionale.
Di conseguenza, in capo al Senato, residuerà una funzione di raccordo tra Stato, Regioni e Comuni.
Per quanto attiene all’elezione del Presidente della Repubblica, si prevede che avvenga a Camere riunite in seduta comune; sarà esclusa la presenza dei Delegati Regionali.
Ai fini del quorum, la legge di revisione costituzionale richiede la maggioranza dei 2/3 dei componenti fino al quarto scrutinio e dei 3/5 fino all’ottavo; la maggioranza assoluta, invece, sarà sufficiente a partire dalla nona votazione.
I quesiti referendari contengono, inoltre, la proposta di abolire il CNEL (Consiglio Nazionale per l’Economia e il Lavoro) e sopprimere qualsiasi riferimento alle Province, quali enti costitutivi della Repubblica.
Com’è noto, il CNEL è un organo di consulenza delle Camere, attualmente composto da 64 Consiglieri, deputati a fornire pareri consultivi in materia economica e di diritto del lavoro. Da molti anni, però, sono numerosi coloro che sottolineano come tale ente finisca per risolversi in una sorta di scatola vuota, molto dispendiosa per il Paese.
La riforma del titolo V della Costituzione, poi, ridefinisce i rapporti tra Stato e Regioni, con conseguente incremento delle materie di competenza statale. In particolare, le materie: sanità, ambiente, gestione di porti ed aeroporti, trasporti e navigazione, produzione e distribuzione dell’energia, politiche per l’occupazione, sicurezza sul lavoro e ordinamento delle professioni saranno competenza esclusiva dello Stato. In questo modo, ad esempio, le norme in materia di tutela della salute diventeranno uguali in tutte le regioni.
Infine, il Disegno di Legge Boschi fissa il quorum necessario per la validazione del referendum abrogativo al 50% dei “votanti alle ultime elezioni”; nel caso in cui la proposta di referendum abrogativo sia firmata da 800000 cittadini (invece dei 500000 attualmente previsti), il quorum sarà raggiunto se esprimerà il voto il 50% dei votanti all’ultima tornata elettorale. In altri termini, il quorum richiesto è ridotto rispetto alla normativa vigente ( oggi 50% degli “aventi diritto”).
Data l’importanza dei quesiti, è di tutta evidenza che ogni cittadino debba necessariamente valutare, nel merito, ogni singola proposta, confrontando le “ragioni del SI” e “le ragioni del NO”, senza pregiudiziali ideologiche, e valutare se, a suo parere, si può procedere legittimamente verso la realizzazione delle attese riforme, nel rispetto dello spirito unitario e democratico della Carta Costituzionale.
Simona Raffaele