La politica, fino ad ieri concentrata sul falso dibattito post referendario, ha subito due ceffoni giudiziari che l’hanno costretta ad un brusco risveglio. Ma tranquilli, è un falso allarme. Ben presto le vicende di Sala e Marra occuperanno le ultime pagine della cronaca, relegate a notizie di secondo ordine e ci saranno altri schiaffi che ne prenderanno il posto in prima pagina.
Chiariamo: non si tratta di assumere la difesa d’ufficio di politici o burocrati impegnati nella pratica del malaffare. Ci mancherebbe.
E però come negare che le vicende romane e milanesi non sono una novità nel panorama politico e giudiziario di questo Paese. E’ un leit motiv che perdura da oltre venti anni. Senza soluzione di continuità. Cambiano i protagonisti, mutano gli scenari ma la solfa è sempre la stessa. E’ la politica ad essere integralmente eticamente corrotta o è l’azione giudiziaria ad essere arbitrariamente invasiva? Una cosa è sicura: quale sia la causa, l’Italia è ingessata da un periodo insopportabilmente lungo. E non si vede la luce fuori dal tunnel.
Certo, nella magistratura c’è una forte corrente giustizialista. Sono quelli che vedono gli avvocati con fastidio, in quanto sacerdoti del diritto di difesa, sono coloro che si ergono a moralizzatori della vita pubblica, i missionari della verità giudiziaria, quei Savonarola della toga il cui lider maximo porta il nome di Piercamillo Davigo e che prospera nei paludosi meccanismi correntizi.
Ma il tema è e resta la debolezza della politica. Anche ieri è emersa nel suo macabro furore. L’arresto del braccio destro del Sindaco di Roma ha scatenato il vento giustizialista, travolgendo principi e diritti ed invertendo le posizioni politiche. Chi ieri era garantista è diventato il Travaglio di turno, sedendosi al tavolo dei giustizialisti, e chi come il M5S ha da sempre alimentato la proprio azione politica innalzando (spesso ipocritamente) i vessilli della moralità e della purezza etica si esprime oggi come il più di fine studioso di Calamandrei. La verità è tristemente un’altra: nel nostro Paese sono ben pochi i garantisti, se non quelli per opportunismo. Qualcuno forse, in questi giorni, ha posto il problema della custodia in carcere di Marra quando probabilmente sarebbe stato sufficiente sospenderlo dalle sue funzioni? Pochi. Troppo pochi. Come in passato, non si è andati al cuore del problema, ma si è strumentalizzato un provvedimento giudiziario per convenienze personali e partitiche.
Ma soprattutto: come pensa di agire la politica per superare l’impasse? Ogni tentativo (per la verità timido) di riformare il sistema è stato osteggiato da quella parte minoritaria ma dominante della magistratura associata, timorosa di perdere potere, consensi e codazzo di giornalisti, scrittori e cittadini forcaioli.
In questo scenario desolato e desolante, nel quale spicca il vigliacco tentativo della Raggi di prendere le distanze da Marra paragonandolo ad uno qualunque dei 23mila dipendenti comunali, rincuora il fioco raggio di sole della autosospensione del Sindaco di Milano. Il suo è un gesto simbolicamente provocatorio. E’ l’alzare le mani dinanzi all’impotenza della politica, ma è proteso ad evitarne la resa definitiva. E’ un atto che va oltre la sua rara nobiltà: intende rilanciare il primato della Politica.
Bisogna iniziare stoppando questo meccanismo infernale, innescando un processo virtuoso, culturalmente proiettato a seminare il germe del garantismo. L’amata Costituzione, all’art. 27, recita che ogni cittadino non è colpevole sino alla condanna definitiva. E sull’art. 27 non è in corso un procedimento abrogativo.
Iniziamo noi, cittadini comuni: quando la Tv trasmette processi mediatici trasformando i salotti televisivi in aule di giustizia, cambiamo canale. Gli ascolti caleranno. E qualcuno prima o poi potrebbe decidere di non mandare più in onda questi circhi equestri del diritto.
Ricordiamo la “Storia della colonna infame”, di manzoniana memoria. Narra della vicenda degli untori, accusati e condannati ingiustamente di avere diffuso la peste. E’ la storia di una grande infamia, ma non a carico dei condannati innocentemente ma di chi li ha giudicati colpevoli solo per ignoranza e credenze popolari.
Io continuerò a fare l’untore, per professione e per senso civico.
Con animo garantista
Massimo Rizzo
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Caro Massimo, non “continuare a fare l’ untore, per professione e per senso civico”, non Ti conviene, ti metti tutti contro, polemizzerai con tutti.Nel nostro Bel Paese abbiamo deciso, forse, di combattere la mafia, giammai la corruzione.Non la vedevamo, non ci facevamo caso, non ci interessava?.La Politica, quella Nazionale, sbaglio’ a cambiare la norma costituzionale, la immunità, prevista dai Padri Costituenti, quale “bilanciamento” tra i Poteri dello Stato.La Politica locale, ci ha insegnato a costanti ruberie varie.Ma quale garantismo ? L’ art. 27 della Costituzione e’ lettera morta! Siamo assediati da falsi moralisti, etici ed estetici e tanti altri, ma, la musica non cambia: i processi in TV, la stampa in prima pagina quando gli conviene, ci stanno relegando nella melma più’ dura e totale! Siamo nella “guerra di tutti contro tutti”, come diceva Tomas Hobbes e l’ uomo e’ lupo, lontano dalla civiltà,ma, anche dal buon senso.Tutti fanno le sceneggiate? Sala perche’ non si dimette? Non e’ prevista la sospensione! Quanto a Marra bastava uscire qualche certificato per appurare la presunta collusione con l’immobiliarista, suo, amico.E gli altri che verranno saranno simili.Certo, noi dobbiamo essere garantisti, fino alla morte! Ma io non ci credo più’!