La nazionale italiana è fuori dai Mondiali. Senza appello. Senza se e senza ma. Fine.
Non so se sia peggio l’Italia fuori dai Mondiali o i Mondiali senza l’Italia. Ma questo non è un problema nostro. L’ultima volta era accaduto nel 1958: guarda caso, si giocava in Svezia. Per me, fan sfegatato dell’Ikea, non è il massimo.
Per chi sta leggendo storcendo il muso, pensando che sono altri i problemi, che il calcio è un sport stupido praticato da 22 giovanotti in mutande, ecco alcuni numeri. Forse così rifletterà sulla sua superficialità, tutta radical chic.
Con la mancata partecipazione, il mondo pallonaro ha visto andare in fumo qualcosa come 150 milioni. Quando gli azzurri alzarono la Coppa del Mondo a Berlino, il nostro PIL ci regalò un +1%: in euro, 16 miliardi circa. Non un piatto di lenticchie. Gli Europei dell’anno scorso (fenomeno di portata inferiore al Mondiale), hanno incrementato le vendite dei televisori del 4%. L’anno precedente e quello successivo si è registrato un crollo del 10%. Un caso? Goldman Sachs quantifica in un +3% di Piazza Affari l’eventuale successo finale. Vi basta?
Metteteci poi il cuore, quell’orgoglio nazionale che in un Paese debosciato come il nostro si risveglia solo durante l’Inno di Mameli prima del fischio dell’arbitro. E un’estate senza i mondiali (o almeno senza gli azzurri) è un’estate triste, senza le riunioni con gli amici con pizza e birra, le donne che fingono di essere interessate ma mentre la squadra soffre le sgami a parlare di moda, il nonno che dopo un’ora di gioco e mezzora di sonno ti chiede con quale maglia stia giocando l’Italia, le prime ansie dei bambini e le loro gioie, lacrime e sorrisi. Umanità insomma. Quella semplice, quella vera. Ma ormai la frittata è fatta.
Fine, appunto.
Mi auguro, però, che sia davvero la fine. La fine di un gruppo dirigente con in testa Tavecchio e Lotito che hanno scelto un CT che l’esperienza internazionale l’ha maturata dinanzi alla TV. Per noi messinesi, poi, Ventura è quello che quando il Messina perse matematicamente la serie A in quel di Reggio Calabria, nel post partita dichiarò che la squadra avrebbe lottato fino all’ultimo. Un gruppo dirigente che non riesce a riformare una serie A con doppio binario di velocità e di capacità finanziarie, la vergogna delle Leghe di A e di B commissariate per incapacità di imporre una politica federale che vada oltre le esigenze delle singole società.
La fine, spero, di una politica sportiva che non riesce a far emergere i giovani talenti. Il 73% dei calciatori convocati dalla Under 20 tra il 2011 ed il 2015 oggi non gioca in serie A. Nelle ultime finali Primavera, il 38% dei calciatori erano stranieri (PS: Salvini, taci please). Una gestione che ha realizzato solo 30 centri federali. Sapete quanti sono nella Germania campione del Mondo in carica? 390 (trecentonovanta). Un sistema che prevede sulla carta 102 club professionistici. Peccato che negli ultimi 5 anni 30 di questi siano falliti e ben 6 sono nell’ultima estate. E molte di questi sopravvivono solo grazie al calcio scommesse. Diciamolo. Le vittorie nascono sempre da lontano, figuriamoci le sconfitte.
Questa è la realtà. Ma il movimento calcistico non può e non deve fermarsi. Ma, soprattutto, non deve superficialmente individuare dei capri espiatori. Il solo CT o le nuove leve calcistiche che della vecchia generazione dei Buffon, Pirlo, Totti, Cannavaro e così via hanno copiato solo i tatuaggi, senza avere forgiato negli anni quella struttura caratteriale per poter vincere a grandi livelli.
Bisogna, piuttosto, analizzare complessivamente e profondamente la questione. Completato l’esame, si avvii un percorso di riforme, vere e durature, finalizzato alla soluzione dei problemi. I numeri sopra elencati impongono che il fenomeno calcio debba essere affidato a professionisti, persone che non abbiano cointeressenze con chi gestisce le società di calcio. Persone valide e coraggiose, con idee e programmi. Quelle che ora non ci sono.
Solo così torneremo a sventolare la bandiera azzurra, potremo sognare come bambini e permettere ai bambini di sognare con gli adulti. Il calcio è gioia, partecipazione, gusto acre della sconfitta e dolce sapore della vittoria. Riconquistiamolo: è nostro. Alla faccia di chi storce il naso: che segua il bridge.
Forza Italia, rialzati!
Con animo sereno.
Massimo Rizzo